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Chiedi quasi un rimprovero.
Ed è forse questa mia tolleranza a non farti sentire importante.
Scusa
Sono indirizzate a te, queste parole.
Ci ho pensato tutto il pomeriggio, bevendo vino bianco
e fumandomi l’infumabile. Il primo pacchetto è già partito.
Ne ho tre in attesa della mia solitudine sul comodino
e tre di scorta nascosti in qualche parte della casa
che nemmeno ricordo.
Mi piace, quando posso, stupirmi da sola
e gioire se trovo un pacchetto di sigarette che trovo
magari cercando nella libreria un libro,
o frungando nella cassettiera dei ricordi,
così poco frequentata dal mio masochismo.
Un messaggio sul pc e uno sul telefono
mi chiedono presenza.
Presa di posizione, quasi una punizione.
Ci ho pensato tanto.
Fino alla fine di me stessa e oltre l’inizio di te.
"Ho sbagliato mamma, vado in punizione. Hai ragione."
Anche mio figlio si autopuniva;
io ho sempre preferito parlarci e non abusare di alcun ruolo.
Poi, ad autopunizione avvenuta e mai da me condivisa,
con calma, intorno al fuoco, si parlava.
Tu mi chiedi la stessa identica cosa.
ch’è una cosa molto più grande quella che mi stai chiedendo.
Pensaci con calma.
Poi ne parliamo magari passeggiando insieme
sui crinali delle stelle.
Perchè non m’incazzo mai?
Perchè è energia sprecata
e io ne ho poca anche solo per sopravvivermi.
Se ci riuscirò,
forse un giorno ti parlerò anche di questo
e se ti parlerò di questo, avrai esaudito la tua domanda
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(musica: Serge Reggiani – Ma Liberté)
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