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Sai babbo,
capita spesso che ti pensi
come si pensano gli odori d’infanzia,
gli errori del tempo,
i silenzi mai catalogati,
le capriole nell’erba, vicino al fiume, d’estate.
Ho pensato al regalo più grande io abbia avuto da te,
ch’è stata, la Libertà del pensiero.
E mi regalo ogni giorno,
per sopravvivermi, nel mondo non pensante
un pensiero di Libertà.
Ebbi giorni fa, babbo,
una diatriba con uno che fa il tuo stesso lavoro.
Era l’avvocato della controparte.
Ad un tratto gli chiesi cortesemente di togliersi la cravatta
e di essere persona Libera, capace di pensare.
S’offese l’uomo, il predicatore di legge,
s’offese un abito distinto di classe.
Forse un pugno d’anni più di me e un codice civile
imparato a memoria a dovere.
Gli chiesi di sfogliare in cuor suo,
un codice morale.
Allora il laureato esibì il suo sapere
non il conoscere.
Mi morsi la verità e gli chiesi scusa
se mai si fosse sentito offeso.
Non capii nemmeno le scuse e mi liquidò
con quel fare da cameriere
che, offeso, deve servire un altro tavolo.
Quando guardo tuo nipote crescere,
trovo un pensiero, come una betulla, respirare.
Trovo la fronte dei tuoi pensieri
e la consapevolezza del cuore.
Sai babbo,
qui passano gli anni come coriandoli a carnevale
e tanta vita è passata, dove si sta prosciugando il fiume.
Sono ancora più alte le betulle,
sempre fresco l’odore del pane
in me, invecchiata.
Anche il granchio si nasconde nella terra d’estate,
per l’ombra, per l’umido, per la pesantezza dell’estate.
L’abete della tua assenza
riempie buona parte del secondo prato,
dove inizia il ruscello
e le pietre sono levigate dalla certezza dell’acqua.
Lega per le mie notti buie
un’amaca fra le stelle
.
Mancandomi, senza origine,
cerco la destinazione