avec patience

indépendance - aller
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Fotografia di Composed

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Lasciami andare via coi ricordi,
disperdimi come fossi ora io,
il vento.

Le nostre navi hanno
lunghi nodi nei capelli
e una rete ormai addormentata
sul letto dei pesci.

Il tempo nuovo
si muove con cauto pudore
sulle soglie del giorno.

Egli pesca per me
dove ogni pensiero affonda
e placa in una carezza
ogni risveglio.

La vita si ribella alla tristezza,
cerca la resa
per lasciarsi catturare
dai riflessi del nuovo sguardo.

Conosce il segreto delle nasse
ogni volta che
– con pazienza –
innesta carezze ai miei capelli.

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dalla vita che succede.
Semplicemente

c'etait hier

indépendance - Noel
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Fotografia di Kelp

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Ci sarei arrivata
a quel giorno ch’è già ieri
e che mi guarda
attraversare il tempo.

Era ieri
quel gracidare di rane
dietro al primo sole
di un’infanzia a colori.

Poi il divenire si sa
perde colore e acquista forza
come il vento nel mare.

Oggi è tempo di saltare per sassi
per non cadere nei fossi
o inguaiarsi nell’inseguire passo passo
le ombre lunghe
che non hanno più lo sguardo
nemmeno per consolarci.

Stacco così ogni giorno
un’ala all’angelo che mi perseguita
per disegnare nel cielo
una direzione da seguire.

Caldo di scirocco,
inusuale per essere inverno
questo vento che cambia
le traiettorie mie e del tempo.

Sbocciano anche sotto la neve
certe rose in dicembre.

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L’evento che era previsto per il 19 Dicembre a Prato
è stato rimandato a data da definire
per le pessime condizioni del tempo.

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Qui
con un ricordo di Alda Merini
il mio augurio di Natale

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Trovato in un periodo intenso

fils

indépendance - Leonardo Rusciano - (Ruscianè)
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Leonardo Rusciano
(Ruscianè)

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Riporto qui il testo di un articolo
che ho scritto per il settimanale indipendente del Mugello "il Galletto",
uscito oggi.

 

Perdonaci tutti Leo
 
Quando suona una sirena, non lo puoi sapere Leo che ogni mamma si nasconde nelle sue paure, si finge tranquilla alla vita che succede e telefona per vedere se la vita nei suoi diciassette anni dall’altra parte risponde.
Le sirene hanno suonato sabato sera ed ho – come molte mamme digitato un numero – e accertata serenità, ho continuato a vivere. Non a dormire. A vivere un tempo che anche quel sabato sarebbe dovuto passare – e nell’irrequietezza dell’attesa  per me è arrivata l’alba.
Detto fra noi, Leo non ero tranquilla perché anch’io come voi ho avuto diciassette anni ed ho giocato la vita in tutte le sue forme, senza sapere che a volte si disegna così un cerchio che si espande e diventa forma d’eterno.
Nelle forme d’amore mettiamoci pure l’ansia e mettiamoci tutte le paure del mondo che quando i figli crescono, – mi dicevano quand’eravate piccoli – aumentano le preoccupazioni. Ora te lo posso dire, Leo: è proprio così. Si inizia a dormire solo quando vi fate rientro.
E pensa Leo,  ho visto tua mamma proprio un paio di sere prima, di corsa fra gli scaffali del supermercato del paese (sì paese. Mi piace la parola paese. Mi riporta all’odore di me bambina, del tempo delle fragole, quando la comunità era una famiglia curiosa ma accogliente, quand’anche il figlio ribelle era figlio della comunità, tutta indistintamente). Come spesso succedeva, ci siamo fermate per due parole sui vostri quasi diciott’ anni e  come sempre le brillavano gli occhi e rinnovava i timori che si hanno tutte noi tutte mamme, di giovanotti, non ancora uomini, non più adolescenti.
Ricordi Leo le feste che ti preparava per i compleanni? E i panini farciti che ti mangiavi di nascosto, perché vita era anche quello. E ti ricordi le lunghe corse nel cortile della scuola o nei prati quando ci vedevamo tutti insieme, te, i tuoi genitori e noi, coi nostri figli ch’erano la tua classe, che sono oggi, diversi fra loro, i ragazzi che ancora si chiedono perché sia successo tutto questo.
In te, ognuno di loro in questi giorni sta realizzando che vita è anche altro. E’ dolore, incredulità, tristezza, rabbia e sconforto. Asciugale te queste lacrime troppo grandi. Sembrano il fiume Sieve che si fa grosso e non sa ancora cosa accadrà dopo la prima curva dietro lo sguardo.
Di quella stagione felice della vostra crescita c’è ancora un cordone che ci lega a te ch’è stata la scuola della tolleranza. La diversità ci ha unito e resi capaci dei nostri più bei ricordi.
Ecco, ora che l’indifferenza ha avuto la sua parte primaria quel sabato sera, perdonaci tutti Leo: perdona noi mamme che siamo mamme solo dei nostri figli, senza preoccuparci dei figli degli altri (che meravigliosa parola “gli altri” – dovrebbero farne un monumento o spiegarcela di nuovo nel suo valore più alto).
Perdonaci per non essere accorse a vedere cosa stava succedendo. Mi chiedo se avremmo potuto salvarti o se semplicemente potevamo “esserci” perché quello ch’è successo rimanesse una remota ipotesi di come sarebbero potuti andare i fatti. Invece no: è andata come non potevamo immaginare.
Nei drammi la realtà supera i giochi, i discorsi, la fantasia.

Sai Leo, quella domenica mattina un mamma di quelle mamme che t’ha conosciuto fin dall’asilo nido mi telefonò per chiedermi se avevo tue notizie. Perdonami Leo se io non sapevo niente. Solo nel dopo, questo maledetto dopo, mi ridiventasti un po’ figlio e scesi nella desolazione di questo paese, a cercarti.

Il sangue ben visibile lungo tutta Via Giotto, il monumento di Fido, un lato di Piazza Dante, parlavano chiaramente di un sabato finito male. Io come borghigiana dov’ero?
Perdonami Leo se ho saputo solo piangere e arrendermi all’evidenza. 
Leo, perdonaci tutti.  Se punto un dito verso qualcuno, automaticamente ne punto tre verso me stessa, dovendomi cercare l’errore, la leggerezza, la colpa.
Leo, perdona tutti quelli che stanno sempre dalla parte del giusto perché non si ricordano che a diciassette anni si può anche sbagliare. Che la vita è una ed è preziosa lo so capisce sempre troppo tardi. Quando il baratro fra la vita e la morte si fa sottile filo rosso. Rosso come il tuo sangue.
Ora  però fatti urlo e rivendica – non vita ch’è impossibile – non vendetta che non ti riporterebbe a noi, né ci renderebbe diversi da chi t’ha ucciso –  il bisogno di forma e di pensiero.
Fatti urlo nei nostri gesti. Fatti urlo perché questo paese si risvegli e inizi a diventare luogo di vita, di gioia e di Rispetto che è, credimi, una cosa molto seria.
Beffarda la vita, non trovi? Non potevi scegliere luogo migliore per cadere. Davanti al monumento dell’indifferenza ch’è il municipio che ora davanti a quei fiori che ti ricordano, dovranno dare risposte, oppure fosse anche solo quello: ascoltare i compagni della tua generazione.
Perché anche se noi non c’eravamo, nella nostra indifferenza  Leo, tutti noi eravamo presenti. Forse nella mia assenza ero io la lama che ti squarciava il cuore?
Credo Leo che l’urlo di dolore non abbia altra bandiera che quella bianca. Almeno due mamme, in maniera diversa, insieme a te sono morte quel giorno. Molte di più, credimi. Anch’io con loro un po’ sono morta.
Di quello che è successo è di tutti la colpa. Nessuno si senta escluso. Nemmeno lo straniero che divide con noi strade, luoghi di lavoro o fosse solo l’aria. Non si senta escluso chi ha alleggerito la pena al condannato e scarcerato che t’ha ucciso, né il barista che ha continuato a dar da bere all’ubriaco. Non si sentano esclusi i guardiani di Dio, ne’ quelli della legge. Assenti anche loro come me.
Che si chiudano per un po’ le bocche alle rare fontane rimaste in paese, perché nessuno possa lavarsi le colpe  e dire al solito che no, non è successo niente.
Ora ho solo alcune domande a cui non riesco a trovare riposta e prego chi di dovere di darmele come cittadina di un paese che ha la sua più degradata periferia nel suo centro. La tua morte ne è già monumento.
 Sono giorni che mi interrogo, che cerco di capire cosa da parte nostra non sia successo o com’è stato possibile che tu sia rimasto oltre mezz’ora morente per terra prima che un mezzo di soccorso potesse arrivare a salvarti, o capire dov’eravamo noi non poi così distanti? E dov’erano i signori delle forze dell’ordine mentre i tuoi coetanei in te hanno capito che a diciassette anni, per gioco, per errore o per fatalità si può anche morire?
Ciao Leo, figlio fragile di questo paese pieno di colpe.
 
Beatrice Niccolai

nessuno si senta escluso: nemmeno  io.

réveille toi, Lèo!

indépendance - oiseau
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Fotografia di H. Kù

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I tuoi anni
già ricordi in un pugnello di istanti
come quando attraversavi
– ignorando i brevi passi della vita –
senza guardare quale destino
sarebbe potuto arrivare.

A diciassette anni non si ha destino,
solo vita da mordere;
nessuno può prevedere che in una pugnalata
si perde tutta la vivacità dei denti.

Urlami che hai fame
e ti poterò un pranzo di stelle.

Un albero è già monumento
poco distante c’eravamo tutti
ad assistere assenti
come se la tua morte fosse vita d’altri.

Ora si chiudano le bocche delle fontane
perchè nessuna mano
si lavi del tuo sangue
ne’ prenda distanze da queste
ombre troppo lunghe
che sono la storia d’un paese

che già dice
no, non è successo niente.

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I tuoi organi ora vivono in altre persone
in Germania.

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Ti ho ricordato in un articolo
che uscirà sabato nel giornale locale "Il Galletto"
Titolo "Leo, perdonaci tutti"

comme deux amants

indépendance - lit
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Fotografia di Pluja fina

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Di silenzio in silenzio
nei contorni della luce
si muovono le ombre.

Mi riconscerai risalire la corrente,
aggrappata al solito muro che crolla.

Anche i nostri nomi
li incidesti nel vento
e sono ora
suoni di tamburi nella notte
che non si sveglia.

E’ saperti ovunque
qui nel grande niente
dove memoria e storia
passeggiano felicemente costretti
come due amanti.

Sembriamo noi,
nell’epoca distante della fantasia,
al di là dei fatti,
al di là delle cose e dei gesti.

Al di là del sole e dei recinti.

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trovato nelle mani
fra le stoviglie, le pentole

boulevard bois

indépendance - fille du bois
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Forografia di Manuela

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Due maglie perse
aprono scenari d’altro.
In questo l’utilità delle tarme
fra gli stracci antichi
laddove li lasciasti.

Oggi,
spoglia di tutto si copre
con quelle due maglie perse,
la memoria.

Ancora la vedo guardarti,
in quest’andare di foglie.

Il tempo della gioia
veste misure piccole
per poterci crescere dentro
e crebbi a dismisura
intorno alla tua Assenza.

Due maglie perse
schiudono gli occhi su altro:
fu così sul viale del silenzio
quel mio primo incontro.

Tu non mi eri distante.
Stavi tutto in un sogno
e piangevi come piangono gli uomini:

lontano e impercettibile
come un salice piangente
a cavallo del vento.

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trovato nelle mani
mentre inseguivo un odore

malade

indépendance - les temps
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Fotografia di M. Josè

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Non ricordo esattamente
come andarono i fatti.
La vita mi stava ruotando intorno dall’alto
e aveva tutti i volti del tempo.

Io poco distante
per tenerezza e disperazione
mi ero accanto
e mi stavo consolando.

Qualcuno ricorda un grammofono rotto,
altri mi parlano di una donna
che cercava le proprie falangi
in un ditale di cristallo.

Sembrava un angelo
stanco di stare sulla terra.

Degli anni passati
ricordo solo una porta scardinata
dal vento.

Ora la guardo l’altra me
spacciare ortiche
ai mendicanti di rose
e in un sussurro ridente, ad ognuno
come fosse ancora nelle fauci del leone

parlare d’Amore.

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trovato nel caos in casa,
fra le pile di panni da stirare,
fra i commenti su fb da seguire

e in una piccola ferita
che non smette di urlare

Rue des Souvenirs

indépendance - une autre femme
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Fotografia di Anvie
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Ci sveglia la vita,
così fino a sera, ogni giorno.

Non ricordo mai in che anno sono,
quand’è che sono nata,
se eri già in me, dentro
quand’eri già molto più
di un mal d’assenza.

Si spogliano così i giorni:
i nomi delle strade
sono per ogni angolo, un ricordo,
una memoria fievole
che accende nella nostalgia
dell’esserci già stati
per mille incontri ancora,
il primo incontro.

Frugare nelle visioni,
chiedersi se quell’abbraccio di domani
porterà il nome della gioia,
o se sarà la gioia
a riconoscerci nella malinconia
che cerca solo di ricordare
quel brillare del vino
in un sorso bevuto dalle reciproche labbra.

Sì Amore,
siamo stati tutto questo.
(e molto di più se frughi nei ricordi)

Sono ogni sera
il timido soccorrermi
in quella chiave che gira a vuoto
per i vuoti che non sai,
dietro frasche di giorni,
o sui morsi che davamo alla vita
prima di Amarci.

M’illuminano,
prima d’incontrarmi
timide e consolatorie,

le stelle.
.

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Poi ti chiederai
che cosa c’entrano con noi
i Fratelli Kennedy, Marx o Enzo Ferrari.
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trovato in una giornata assurda
con la casa scombussolata di nuovo
e dall’allegria dei giovani che ogni giorni
vengono a trovarmi.

jeux

indépendance - Appartenance
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Fotografia di Rita
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Giochi di vetro,
quel muoversi dei nostri passi
  nel riflesso del cielo.

Sarà tempo di rondini
anche per quella solitudine
che seppur insieme,
ci accompagna.

Tuffati in me
dove sembra più nero il giorno:
è lì che scostando le onde
troverai una bambola
che canta,

una donna appesa a un filo d’erba
o un’altalena vuota
che porta a spasso fra le nuvole,
il tempo.

Poi piovimi come fosse sempre maggio
quel primo giorno
di luce fra le foglie.

Sconsolata e assorta,
passeggia in te

la mia ombra.

:
trovato nella lentezza del pc portatile,
nell’ansia di una stanza  dove le nostre ombre
ancora fanno l’amore

cette vie

indépendance - la soirèe
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Fotografia di Dolly

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Spoglio così
la verità dal sogno,
come se vivere fosse già conoscerci
o salutarci con l’abitudine
di chi non conosce ancora la storia.

Riportami in quella stanza:
nell’anticamera di un arrivederci
e Amami con forza,
perchè io senta nella pelle
in te, tutti gli inverni,
le estati, i fiumi e i deserti.

Pesa come la nebbia
quell’ombra ancora appesa
al mio sguardo.

 Ho costruito 
-in questa costante incertezza –
con l’ombra del Tuo andare
e del mio non divenire

la mia stanza.

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Trovato dove non cerco
ma sei.
Perchè è Lì che sono stata.