Mère Teresa

indépendance - Madre Teresa di Calcutta

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"La vita in India, ha i caratteri dell’insopportabilità:
non si sa come si faccia a resistere mangiando un pugno di riso sporco,
bevendo acqua immonda, sotto la minaccia continua del colera,
del tifo, del vaiolo, addirittura della peste, dormendo per terra, o in abitazioni atroci".

Così, in India, ora, più che alla manutenzione di una religione,
l’atmosfera è propizia a qualsiasi spirito religioso pratico.

Ho conosciuto lo spirito dei religiosi cattolici:
e devo dire che mai lo spirito di Cristo mi è parso così vivido e dolce;
un trapianto splendidamente riuscito.

A Calcutta, Moravia, la Morante e io siamo andati a conoscere Suor Teresa,
una suora che si è dedicata ai lebbrosi.
Ci sono sessantamila lebbrosi, a Calcutta, e vari milioni in tutta l’India.

È una delle tante cose orribili di questa nazione,
davanti a cui si è del tutto impotenti:
in certi momenti ho provato dei veri impulsi di odio contro Nehru
e i suoi cento collaboratori intellettuali educati a Cambridge:
ma devo dire che ero ingiusto, perché veramente bisogna rendersi conto
che c’è ben poco da fare in quella situazione.

Suor Teresa cerca di fare qualcosa:
come lei dice, solo le iniziative del suo tipo possono servire,
perché cominciano dal nulla.

La lebbra, vista da Calcutta, ha un orizzonte di sessantamila lebbrosi,
vista da Delhi ha un orizzonte infinito.
Suor Teresa vive in una casetta non lontana dal centro della città,
in uno sfatto vialone, roso dai monsoni e da una miseria che toglie il fiato.
Con lei ci sono altre cinque, sei sorelle,
che l’aiutano a dirigere l’organizzazione di ricerca e di cura dei lebbrosi e,
soprattutto, di assistenza alla loro morte:
esse hanno un piccolo ospedale dove i lebbrosi vengono raccolti a morire.

Suor Teresa è una donna anziana, bruna di pelle,
perché è albanese, alta, asciutta, con due mascelle quasi virili,
e l’occhio dolce, che, dove guarda, “vede”.
Assomiglia in modo impressionante a una famosa sant’Anna di Michelangelo
e ha nei tratti impressa la bontà vera, quella descritta da Proust
nella vecchia serva Francesca:
la bontà senza aloni sentimentali,
senza attese, tranquilla e tranquillizzante, potentemente pratica.


era il 1961
e Pier Paolo Pasolini
con quest’articolo parlava all’Italia
per la prima volta di una suora in India che curava i lebbrosi.

Lei è Madre Teresa di Calcutta
scomparsa 10 anni e un giorno fa.

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***

Trentacinque anni dopo sono stata in India.

Non molto differente è stata l’India vista da me.
In India vita e morte coesistono nello stesso luogo, nello stesso istante.
Vedere consumarsi una cerimonia funebre
proprio sulle rive del Gange, che gli Indu chiamano "Mama Ganga"
(mamma Gange) e lì, a pochi passi, vedere bambini di un pugnello d’anni
correre felici con un aquilone in mano,
senza il timore della morte, con solo la gioia dell’esserci.

In India una famiglia vive con meno di niente,
In mezzo ai bambini che corrono e anziane che donano un chapati (il pane indiano)
a Mama Ganga  al giorno,
fra l’acqua del fiume e la piccola lingua di terra
proprio sotto a dove il corpo del defunto brucia,
girano i cani. Cani affamati che rovistano fra la cenere
in cerca di qualche osso.

Due mesi di India,
due mesi di colori, odori e suoni
non si raccontano.

E’ impossibile giustificare alla coscienza
l’odore e l’ingiustizia che c’è in India.

L’India è il sorriso delle donne,
è un volare dignitoso di sete fra odori di spezie,
è la ricchezza del nulla,
dove solo dalla disperazione si attinge.

Ed è presenza di "sacro" lì.
Perchè davanti al dolore non è ammesso piangere.
Corpi fragili non potrebbero sopportare il peso del pianto.

Ma ho visto una scimmia impazzire e disperarsi per strada
perchè una mucca camminando le aveva ucciso, il piccolo.

L’India è un odore che non ti abbandona
nemmeno quando torni in Italia.
Nemmeno dopo un decennio qell’odore scompare.

L’India
è la certezza d’essere davvero un nulla
in una realtà che ricicla persino la disperazione
per restutirla  al mondo
con il sorriso forte e aperto di quelle donne.

In assoluto su questa terra,
silenziose, povere, sorridenti e scalze,
le più belle.

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Grazie Madre Teresa,
piccola matita del mondo che ha disegnato
nella disperazione 

 La Speranza

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Dieci anni e un giorno fa.
Ricordandoti

horizon

indépendance - bisou tendre

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Mi lascio sorprendere dalla tenerezza
laddove, senza pietà
ci ha già aggredito la vita.

Diventerò il suono della sera che si avvicina
e acqua per la tua fontana.

La verità esiste nel silenzio che in te respira,
oltre,  dove vivere e esistere
non sono la stessa cosa.

Un filo di vento non cuce distanze
ne’ oscura l’orizzonte
ma sposta con la delicatezza del tempo,
aspettando Orione,

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intere montagne.

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Trovato nelle mani e nella tenerezza

actes d'Amour

indépendance - nudité

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Tempio di preghiera
è quel santuario costruito nel cuore
sulle disgrazie dei giorni
e sull’incapacità di leccare il culo alle stelle.

Non è mai menzognero il cuore
e quando parla, cascano i veli della notte
nell’alba che ci chiama al vizio di risorgere.

Non piovono che sospiri
dove la carne diventa acqua
che irriga e solca i giorni.

Trovo atti d’Amore nei boschi di solitudini
e siamo il veicolo del sentire
quando ancora la carne fa male
e tutto intorno si spoglia nell’inverno che aspetta di finire.

Mi commuovono gli atti d’Amore
che sono la bandiera della Speranza,
che sono il sentire di una coscienza.

Oggi

– Mi ha commosso un pacchetto
arrivatomi dalla Sicilia con un libro di poesie con dedica
e con una lettera che custodisco nel cuore;

– Mi ha commossa una corrispondenza
imprevista con una cantautrice francese
che mi chiedeva delle mie parole.

– Mi ha commossa la corrispondenza con un’attrice romana
richiamata dalle parole trovate qui sul blog:

– Mi ha commossa una persona
che ha richiesto alla Biblioteca della sua bella città
la presenza delle mie parole.

Poi cammino nelle mie solitudini
a controllare se i fantasmi son tutti al loro posto,
ci parlo come fossero dei miei giorni, l’unica presenza,
chiudo i pensieri nelle scatole del domani
in attesa di un possibile trasloco.

Cammino nuda per non sentirmi
costretta in abiti non miei
e accendo, aspirando la vita, un’altra sigaretta.

Quando bussa insistente il sole
alle mie stanze buie è ora di rinascere
anche  se vedo come quando fuori piove
sui vetri bagnati degli occhi tutto quello che accade

Hanno una loro magìa
come quando si è bambini e tutto deve ancora accadere

gli Atti d’Amore

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Trovato nelle cose che accadono
e nella profezia delle persone semplici

protèger

indépendance - A m o u r

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I poeti
scrivono nel silenzio delle cose,
poi nel vuoto di un’altalena,
si dondolano.

Frugano affamati, nelle viscere della terra,
fino al punto esatto del dolore
per musicare in un verso il canto dell’Assenza;

li sorpende ogni sera la bellezza di un tramonto,
e una loro parola di libertà
trovata scritta sui muri del carcere
dagli angeli della terra

Qualcuno con un semplice gesto,
protegge con Amore
il rumoroso silenzio delle cose.

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Alle straordinarie persone
che mi stanno regalando la gioia della commozione

lueur

indépendance - le noir

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Ti bacia con gli occhi
in un tenero silenzio che trafigge ogni nuvola.

E’ la tua mano che scivola
sui capelli lisci, morbidi, lunghi
in un abbraccio che sa di lontananza.

C’è neve oltre il mio sguardo
dove il tempo è andato
e un merlo sempre canta.

S’accende in un vostro bacio
il timido bagliore della luna

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Dalla bellezza dell’Amore

T’enlacer avec les yeux
dans un tendre silence perçant chaque nuage

Elle est là ta main qui glisse
sur les cheveux lisses , doux, longs,
en un baiser d’horizon.

Il y a de la neige candide dans mon regard
même si le temps s ‘en est allé
et que le merle chante encore.

Elle clignote de vos étreintes oui
la pale lueur de lune
 
,
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(traduzione di
Guidu Antonietti di Cinarca)

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aube III

Independance - il blog di Beatrice Niccolai  - trait-d'union

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Ed è era sera
quando uscendo da me,
scivolai nei tuoi occhi
per confondermi alle anse del fiume.

Guarda, rifluiscono ancora di noi,  i giorni
fino al risalire della genesi del mondo,

In una carezza m’avresti raccolta
senza confondermi più al passato.

Davanti a  noi,
schiarivano i sentieri del cuore
a nuovi possibili orizzonti.

Albeggia timido,
il destino

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Liberamente tratto dall’ora dopo una camminata
sui pensieri del
fiume

prohibited

prohibited

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Ti stupisce di me, il pudore.
Eppure già più volte t’ho spogliato
desiderando d’essere carne
del tuo Piacere.

Verbo in erezione,
di noi gli inguini racconteranno
il Piacere di desiderarsi.

Noi erranti
Noi che siamo d’altri

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Chiamami

.
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(musica: Fruto proibido – Cesaria Evora)

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E’ dedicato a te e non lo sai

le reveil

le reveil

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"Svegliati mamma e non piangere"

Erano difficili i risvegli senza più occhi, ancora più difficili le giornate
senza sale nella minestra.

Ora che mi vivi un pò distante,
mi risvegliano le parole all’urgenza d’esistenza.
Come una clandestina vivo la mia vita
incapace di vivere una tranquillità
scarabocchio con le parole i suoni del cuore.

Ancora la sveglia mi sveglia
con la tachicardia del tempo
con l’ausilio del silenzio,
Ti racconterò figlio i giorni in cui mi manchi
e quelli più difficili in cui mi manco io.

E sono proprio quelli in cui
io ho più bisogno di TE!

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***

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Oltre le parole
Oltre le parole ci nasce ancora il sole. Un sole grande, il sole di sicilia.
Come i cuori delle persone che m’hanno accolta.
Cuori semplici. Per questo belli.
Cuori che sanno ancora piangere. Credo che nelle lacrime ci si riconosca
e ci si annusi e senza aver bisogno di presentarci un pò da subito
ci si vuole bene.

Queste cose succedevano  – dicevano gli anziani della mia infanzia –
solo nel dopoguerra, quando, raso tutto al suolo c’era solo bisogno di ricostruire.
Senza Pudore. Senza Vergogna
in quel tempo c’erano tanti Poeti senza casa.
Chi l’aveva, non viveva la triste poesia dell’Assenza, del Dolore.

La Sicilia ha avuto braccia e cuore aperto
e io mi sono lasciata abbracciare, ubriacare, vivere.

E’ stato un incontro oltre le parole.
In quel luogo senza confini ch’è l’anima.

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Persone

Sono il bagaglio più prezioso d’ogni mio recente viaggio.
Il viaggio di ritorno mi obbliga a un bagaglio molto più carico di quello d’arrivo.
Sono le Persone.
Un bellissimo libro ognuna di loro:
Gaspare, Fausto, Antonella, Lorenzo, Eliana, Calogero, Lucio,
Mario, Peppe col cappello, Peppe senza cappello, Paolo,
Angelica, i ragazzi del liceo,
Lucia, Giuseppe, Alessandro, Pietro, Enzo.
(i nomi tralasciati, sono solo sviste di stanchezza)
A ognuna di loro il mio
sincero grazie per avermi fatta sentire a casa mia,
sempre e comunque.

Il Ficodindia
Una telefonata stasera, improvvisa, nel mio viaggio di ritorno
mi ricorda le vetrate liberty e gli sguardi delle persone
che la rendono viva dal loro oltre, in quel circolo culturale a me caro:
Il Ficodindia. E’ Peppe. Peppe col cappello. 
Gli avevo recapitato per oggi una lettera di ringraziamenti e di scuse.
Ringraziamenti per l’accoglienza e per l’ospitalità.
scuse non tanto per me, ma per un articolo firmato da giornalista
che ci vedeva ritratti in foto con titolo ad effetto ma poco piacevole.
– l’ha scritto un giornalista, Beatrice, che vuoi che ne sappia di poesia.
– Spero non vi abbiano creato problemi, Peppe, per il titolo…
Parliamo di cose più interessanti, parlandomi della serata di poesia fatta lì
e mi ha ringraziata. Io ho ringraziasto lui e l’altro Peppe.
Il Peppe senza cappello.
Mi dice che la serata è stata commovente e che a qualcuno
è nato forte il desiderio di scrivere.
Ci diamo appuntamento in un non so dove, nel futuro, col desiderio
di un altro, sincero abbraccio.
Da domani la lettera da me scritta sarà appesa lì, alla parete del Ficodindia.
E anche di questo io li ringrazio.
:

Ciao Bea!
Arrivata a Enna, non ho potuto non salutarmi.
Ero ovunque. Più di Padre Pio a San Giovanni Rotondo.
In ogni vetrina, in ogni parete,
ovunque mi vedessi, intimidita dalla sigaretta in un mondo di non fumatori,
 mi sono detta "Ciao Bea!"

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Giornalisti
Sono usciti nei due giornali principali della Sicilia, diversi articoli su di me.
Alcuni lunghissimi, in pagine centrali, importanti, belli.
Altri, semplici richiami nelle pagine provinciali.
I giornalisti sono delle belve, assetate non di poesia, non dell’anima delle cose.
A loro spesso interessano i titoli.
Non so quanta autonomia di pensiero abbiano i giornalisti
e quanto invece cerchino di spellare il cuore
a chi l’ha già dato in pasto ai pescicani.
Spesso i giornalisti si accontentano delle lische di acciuga
spacciandole per ossi di seppia.
E nemmeno si accorgono che chi li guarda, ride.

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I Ragazzi

Era l’appuntamento che più avevo a cuore.
Amo i ragazzi. Amo i giovani.
In ognuno di loro Amo Giacomo, mio figlio.
Figlio del mio destino.
Mi era stato preparato un bell’auditorium per un incontro con 150 ragazzi
tutti delle IV e delle V del liceo linguistico Lincoln di Enna.
Mi era stata preparata una bella scrivania con microfono.
Ovviamente, chi non lo sa, non sa che non amo i micorfoni
 e tantomeno amo le scrivanie che lascio a chi ha bisogno
di una trincea in cui difendersi per parlare.
Mi sono seduta davanti a loro, per terra.
Da dove nascono, in me, se così le si possono chiamare, le poesie.
Ci siamo raccontati le lacrime e ci siamo raccontati l’Amore.
Abbiamo condiviso strati di solitudine fino
ad arrivare in quel luogo senza fondali ch’è l’anima.
Mi ha commossa il prolungarsi naturale della lezione di poesia
tutta improvvisata, che le lezioni strutturate le lascio agli altri…
Mi ha commossa Lorenzo, col suo viso bello, interessante
ha chiesto di poter interpetare una poesia:
La Bambina e il ciliegio
letta e interpretata da Lorenzo e una ragazza di cui non ricordo il nome:
Io seduta su una poltroncina dell’auditorium
a perdermi nel Tuo odore.

– Avrei voluto fossi lì con me, ciliegio in fiore.
C’eri. Eri con me, nel fiore d’ogni mio gesto, d’ogni mia parola.
Recitavano i ragazzi e io, in silenzio
Ti tenevo per mano,
Quella poesia scritta da noi, prima che dalle mie mani,
io l’ho vissuta tutta, come quella sera
in cui la luna risplendeva, dopo tanto buio,
nel mio cielo –
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M’hanno commossa i ragazzi, al fine dell’incontro
che si sono avvicinati a me.
Tanti. Oltre una trentina a chiedermi una email o un indirizzo dove scrivermi.

Erano belli i ragazzi e le ragazze,
erano straordinariamente
Belli e Vivi.

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Liberamente tratto dagli appunti di viaggio