Françoise II

indèpendance - patience

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Cara Francesca come stai?
Hai mangiato anche oggi una mela cotta?
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Erano nella nostra infanzia, il dolce della nonna,
ora nei tuoi quasi quarantotto anni,
è il tuo, quotidiano, se non lo butti per terra.
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Cara Francesca,
sono giorni che ti porto con me, in ogni angolo di casa.
Vorrei, come allora,
quando la vita era solo la genesi dell’inferno,
raccontarti della vita dei piccioni in piazza della Signoria.
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Le nostre piazze sono piene di corvi neri
che sfilano, uno ad uno i fili dei nostri maglioni.
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E’ arrivata qui ieri, nella casa dei nostri genitori,
e mi parlava di te, che non hai più la dignità del nome,
per la legge dei prepotenti, sei solo "l’interdetta".
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Le ho regalato delle parole mie scritte su segnalibri,
non avendone più nelle labbra.
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L’ho fatta sedere alla mia tavola, mentre mi notificava un atto,
un atto di disperazione, a cui ogni mio attimo
è appeso con un sottile filo di rabbia.
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Sai, Francesca, siamo nel mondo parallelo entrambe,
Tu stai nella follia,
io, per sopravvivermi, abito le parole,
incapace di abitare le strade dei piccioni.
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Lì nessuno verrà più a masturbarsi
davanti al silenzio dei miei occhi,
lì, nessuna piega tratterà più un odore,
che non sia carezza d’Amore.
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Sai Francesca,
son fiorite stanotte le stelle.
Sono fiorite nell’aroma d’oriente della mia stanza.

Qualcuna entrava a salutarmi,
altre erano distese sul cuscino ad accarezzarmi,
nel caleidoscopio delle lacrime erano pure belle.
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C’eri tu Francesca, stanotte con me
in sogno

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trovato nell’amore
della fragilità delle nostre donne