Maître

indépendance - Don Lorenzo Milani

.
Don Lorenzo Milani

.

La vita di paese non ha la frenesìa delle città.
Ci sono altri ritmi a scandire lo scorrere delle ore.
Il martedì è giorno di mercato in paese ed essendo questo
il centro più grande del Mugello, il paese si popola di persone
provenienti dai comuni vicini, anche se non più come un tempo,
purtroppo.

Tanto per frugare nella memoria,
un tempo era proprio il mercato di Borgo San Lorenzo
a determinare il prezzo di frutta e verdura per
tutta la provincia di Firenze.
(ora la Mercafir – Mercato di Novoli – Firenze)

Dalla campagna scendevano a valle con calessi
e i frutti del bosco e delle campagna.
Era la fiera del bestiame, dei marroni, delle patate.
Il mercato era accolto nella "Loggia dei Marroni"
un loggiato molto bello progettato nella fine ‘800
dall’Ing. comunale Niccolò Niccolai.

Le logge furono abbattute negli anni ’60
per dare spazio a un bel complesso di bagni pubblici,
pressochè inutilizzati.

Per le  famiglie dei ragazzi di Barbiana
aveva una notevole importanza il mercato di Borgo S.L.
perchè permetteva lo scambio di prodotti e
se andava bene, la vendita di partite prodotti ortofrutticoli
per il sostentamento delle numerose famiglie.

Don Lorenzo veniva chiamato
"il prete con la la tonaca motosa", per l’evidente
bordo della tunica  polveroso,
scendendo lui da Barbiana a Borgo o a piedi o in bicicletta.
Un percorso tortuoso di circa 13 chilometri.

***

Come ogni mattina, il mio passaggio alla libreria Mondadori.
Stamani curiosavo nei cartoni i nuovi arrivi,
concentrandomi su nomi sconosciuti
ho chiesto una vetrina dedicata interamente al prete
e stasera la prepareranno, hanno detto.

Due parole scambiate sui testi mancanti,
ma ormai conoscono il mio brontolare che tutto ha
dell’affettività per una terra di cui si stanno
essicando le radici.

.
Di Don Lorenzo ricordo non tanto il prete, piuttosto l’Uomo.
 Un Maestro di Libertà.

il 40° anniversario dall morte
verrà celebrato il 21 giugno
 

***

.

Lettera ai giudici

Barbiana 18 ottobre 1965

Signori Giudici,

vi metto qui per scritto quello che avrei detto volentieri in aula. Non sarà infatti facile ch’io possa venire a Roma perché sono da tempo malato. Allego un certificato medico e vi prego di procedere in mia assenza. La malattia è l’unico motivo per cui non vengo. Ci tengo a precisarlo perché dai tempi di Porta Pia i preti italiani sono sospettati di avere poco rispetto per lo Stato. E questa è proprio l’accusa che mi si fa in questo processo.

Ma essa non è fondata per moltissimi miei confratelli e in nessun modo per me. Vi spiegherò anzi quanto mi stia a cuore imprimere nei miei ragazzi il senso della legge e il rispetto per i tribunali degli uomini.

Una precisazione a proposito del difensore. Le cose che ho voluto dire con la lettera incriminata toccano da vicino la mia persona di maestro e di sacerdote. In queste due vesti so parlare da me. Avevo perciò chiesto al mio difensore d’ufficio di non prendere la parola. Ma egli mi ha spiegato che non me lo può promettere né come avvocato né come uomo. Ho capito le sue ragioni e non ho insistito.

Un’altra precisazione a proposito della rivista che è coimputata per avermi gentilmente ospitato. Io avevo diffuso per conto mio la lettera incriminata fin dal 23 Febbraio. Solo successivamente (6 Marzo) l’ha ripubblicata Rinascita e poi altri giornali.

È dunque per motivi procedurali cioè del tutto casuali ch’io trovo incriminata con me una rivista comunista. Non ci troverei nulla da ridire se si trattasse d’altri argomenti. Ma essa non meritava l’onore d’essere fatta bandiera di idee che non le si addicono come la libertà di coscienza e la non violenza. Il fatto non giova alla chiarezza cioè all’educazione dei giovani che guardano a questo processo.

Verrò ora ai motivi per cui ho sentito il dovere di scrivere la lettera incriminata. Ma vi occorrerà prima sapere come mai oltre che parroco io sia anche maestro. La mia è una parrocchia di montagna. Quando ci arrivai c’era solo una scuola elementare. Cinque classi in un’aula sola. I ragazzi uscivano dalla quinta semianalfabeti e andavano a lavorare. Timidi e disprezzati. Decisi allora che avrei speso la mia vita di parroco per la loro elevazione civile e non solo religiosa. Così da undici anni in qua, la più gran parte del mio ministero consiste in una scuola. Quelli che stanno in città usano meravigliarsi del suo orario. Dodici ore al giorno, 365 giorni l’anno. Prima che arrivassi io i ragazzi facevano lo stesso orario (e in più tanta fatica) per procurare lana e cacio a quelli che stanno in città. Nessuno aveva da ridire. Ora che quell’orario glielo faccio fare a scuola dicono che li sacrifico.

La questione appartiene a questo processo solo perché vi sarebbe difficile capire il mio modo di argomentare se non sapeste che i ragazzi vivono praticamente con me. Riceviamo le visite insieme. Leggiamo insieme: i libri, il giornale, la posta. Scriviamo insieme.

Don Lorenzo Milani, Priore di Barbiana

.
Dalle meraviglie umane