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Cara Francesca,
dopo settimane ho trovato il coraggio di leggere quell’articolo che ti riguarda.
I giornalisti sono sempre stati dei menzogneri.
Parlano di te come un’anziana invalida a cui sono stati sottratti un pugno
di euro. Non sanno che ti hanno sottratto la dignità, tutta.
Non sanno che hai solo 47 anni, qualche aborto forzato alle spalle,
tre tentati suicidi da quando t’hanno rinchiuso
Loro non lo sanno come si perde la dignità nel manicomio
e come si guardi al cielo, senza l’odore dell’aria.
Forse non lo sanno che una bambina a sedici anni in un manicomiio
poi va a finire che ci muore.
Non sono manicomi, ora. Sono strutture pubbliche in cui col caffè ti
sedano perchè tu non rompa troppo i coglioni.
Da quando hai perso l’uso delle gambe
ti hanno tolta anche la libertà di scappare.
Dimmi Francesca, ti hanno dato almeno quattro biscotti stamattina?
Sai Francesca, volevo dirtelo,
nella guida che uscirà presto, del nonno, con la Castelvecchio Editrice
ho scritto anche di te, nell’introduzione.
Ho scritto anche dei nostri babbi, ricordandoli
e in parte, col cuore maledicendoli per non essere stati capaci di difenderci.
Sai Francesca, la zia Irene, mia mamma, vuole fare appello alla sentenza
perchè ti hanno portato via tutto.
Ma lei non sa che alle sentenza non si può fare appello.
Si può solo subire. O al limite, sputtanare.
Io alle cose che non sai, darò voce.
Mi hanno detto che giorni fa, ricordavi il villino e chiedevi notizie.
Non è più nulla tuo, Francesca.
Nemmeno quello che indossi, che ti vestono con gli stracci della Caritas.
Ti ricordi Francesca l’odore dello studio in Via Condotti?
C’era l’odore di legno e pipa e la segretaria sempre sorridente
che ci aspettava con delle caramelle.
C’erano gli altri avvocati che ci salutavano, poi tu mi portavi a
guardare vetrine. io detestavo le vetrine, ma adoravo te.
Allora anche le vetrine diventavano belle.
Andavamo in una delle vie che io meno ho sopportato di Firenze:
Via Tornabuoni. Io non lo sapevo, tu nemmeno, ma tanti di quei fondi
erano già tuoi e sono quelli che ti ha rubato il tuo tutore
quando saresti stata mangiata dalla vergogna dei tuoi,
e rinchiusa per il carattere ribelle, nel manicomio di San Salvi.
Ti ricordi Francesca di quell’agello bianco
tenuto in Piazza della Signoria per le foto caratteristiche?
A te faceva tenerezza. Io preferivo guardare i cavalli o
dare da mangiare ai piccioni.
Preferivo il negozio che faceva i bomboloni caldi in Via Condotti.
Quando saresti cresciuta, venivo ogni giorno a portarti fuori
per andare a guardare in centro oltre che le vetrine,
il culo agli uomini. Ti piacevano troppo.
Chissà se ancora guardi il culo agli infermieri quando ti sedano,
io spero vivamente tu continui a bestemmiare quando li vedi avvicinarsi,
che ogni tua bestemmia in Dio è la più Sacra delle preghiere,
perchè Tu sei Sacra. Tu sei la terra debole
dove ci nascono rari e preziosi fiori
quando ancora m’abbracci.
Tu sei il sapore dei baci perugina,
mangiati insieme la domenica sulle panchine dei giaridnetti
in piena austerity.
Sai Francesca,
la balena bianca mangia i cristiani buoni.
Non è cambiata poi tanto la storia.
Un tempo c’era la settima meraviglia del mondo, il colosseo
per vedere sbranare gli uomini.
Anche ora è così e tu sei figlia di un’ingiustizia del sistema,
di quel potere occulto di natura bianca con le toghe nere.
Perchè tutto questo Francesca?
Perchè abbiamo gli occhi chiari e un cognome ch’è rimasto solo donna, qui.
E lo dico a te, che qui stanno tentando di fare,
certi poteri bianchi, salvati dalle panchine del duomo
il culo anche a me.
Dovesse mai arrivare nell’istituto dove sei,
una che bestemmia più di te,
quella sono io, Francesca.
Se solo dovessi riconoscermi, sii gentile con gli infermieri,
fatti spingere la carrozzella fin dove finisce la distanza
e in un abbraccio, almeno te,
sorreggimi
.
Dalle cose che accadono, ricordando la parte forte del mio cuore.
Signori che non conoscete le mie frasi bianche. Io vi avevo avvisato che
non frenavo la lingua. E che avrei iniziato a parlare per quello che so.
Un’altra mossa falsa e io continuo la storiella di come vi parate il culo,
schifosi poteri bianchi di Firenze.