suite

ensemble

.

Mi abbracci l’anima, nel valzer dell’Amore.
Io, la bambina dai giochi di pietre e sassi
sul tuo fiume che mi scorre oltre il cuore

abbracciami così come si abbracciano le rose
vivimi come si vivono le cose

girami, guidami, abbracciami
come si abbracciano le bambine che credono
nell’Amore

Inseguimi con un dito il profilo.
Ti percorro nel lungo abbraccio di fiori e carezze
parole smarrite frai passi
e dolori nascosti sotto i sassi

abbracciami così come si abbracciano le rose
vivimi come si vivono le cose

E’ nel non luogo che balli sempre scalzo.
Sui mie vetri, ti sfili ogni preoccupazione.

C’è sangue ovunque
sia se abbracci le mie rose
sia se cammini sui miei vetri

ma è così che si balla
il valzer dell’Amore

Royal Concergebouw Orchestra Waltz 2 From Jazz suite 3

liberamente tratto dai nostri passi

poésie

poèsie

.

E’ così, semplicemente, che voglio ricordare
Mario Luzi
ad un anno dalla sua scomparsa terrena

***

Il primo libro di poesie di Mario Luzi
mi venne regalato da una insegnante di italiano
delle scuole superiori di Firenze.

Scrivevo poesie e soffrivo la vita;
dai miei temi l’insegnate l’aveva percepito
me lo regalò dicendomi:
"Quando ero triste, leggevo Luzi, mi ha aiutato molto
te lo regalo con tanto piacere, forse ti aiuterà"

Di tanto in tanto, quando sono triste, riapro ancora quel libro.

***

Professore, perché l’uomo ha ancora bisogno della poesia?

«La poesia è un substrato giacente nella continuità umana. Esiste sempre, esiste in potenza, ma è soffocata e repressa.
Ci sono momenti in cui riaffiora, accade quando c’è il contatto con alcuni che hanno il dono del linguaggio.
La poesia è il respiro dell’umanità, ed è anche il suo sogno.
L’umanità che sogna se stessa, attraverso strumenti suoi, privilegiati.
La poesia è uno di questi strumenti, uno dei più preziosi».
 

Perché tanta preziosità?

 
«Perché è un deposito di quanto pensato e sofferto dall’uomo.
Il linguaggio ha uno spessore che gli è dato dalla storia umana, dalla storia che c’è passata dentro.
Ed è uno strumento disponibile (a tutti) e giustificabile in quanto cerca la verità e l’essenza delle cose.
Cerca la verità nell’essenza delle cose».

(intervista a Mario Luzi, 2002)

***

La rivedo ora non più sola, diversa,
nella stanza più interna della casa,
nella luce unita, senza colore né tempo, filtrata dalle [tende,
con le gambe tirate sul divano, accoccolata
accanto al giradischi tenuto basso.
«Non in questa vita, in un’altra» folgora il suo sguardo [gioioso
eppure più evasivo e come offeso
dalla presenza dell’uomo che la limita e la schiaccia.
«Non in questa vita, in un’altra» le leggo bene in fondo alle [pupille.
E’ donna non solo da pensarlo, da esserne fieramente certa.
E non è questa l’ultima sua grazia.
in un tempo come il nostro che pure non le è estraneo né [avverso.

«Conosci mio marito, mi sembra» e lui sciorina un sorriso [importunato,
pronto quanto fuggevole, quasi voglia scrollarsela di dosso
e ricacciarla indietro, di là da una parete di nebbia e [d’anni;
e mentre mi s’accosta ha l’aria di chi viene
da solo a solo, tra uomini, al dunque.
«C’è qualcosa da cavare dai sogni?» mi chiede fissando [su di me i suoi occhi vuoti
e bianchi, non so se di seviziatore, in qualche "villa triste",
o di guru.
«Qualcosa di che genere?» e guardo lei che raggia tenerezza
verso di me dal biondo del suo sguardo fluido e arguto
e un poco mi compiange, credo, d’essere sotto quelle grinfie.
«I sogni di un’anima matura ad accogliere il divino
sono sogni che fanno luce; ma a un livello più basso
sono indegni, espressione dell’animale e basta» aggiunge
e punta i suoi occhi impenetrabili che non so se guardano [e dove.
Ancora non intendo se m’interroga
o continua per conto suo un discorso senza origine né fine
e neppure se parla con orgoglio
o qualcosa buio e inconsolabile gli piange dentro.
«Ma perché parlare di sogni» penso
e cerco per la mia mente un nido
in lei che è qui, presente in questo attimo del mondo.
«E lei non sta facendo un sogno?» riprende mentre sale dalla strada
un grido di bambini, vitreo, che agghiaccia il sangue.
«Forse, il confine tra il reale e il sogno…» mormoro
e ascolto la punta di zaffiro
negli ultimi solchi senza note e lo scatto.
«Non in questa vita, in un’altra» esulta più che mai
sgorgando una luce insostenibile
lo sguardo di lei fiera che ostenta altri pensieri
dall’uomo di cui porta, e forse li desidera, le carezze e il giogo.

"Ménage"

Mario Luzi

les perles

dans ton coeur

 

Inutile dirti
le parole che sai

perle

Poco importano le cose accadono intorno.
Sta tutto in quello che ci accade dentro
in un parola, in una domanda, in un silenzio

Come morire nel tuo cielo
e svegliarmi, poi, dolcemente, in un bacio

e pensare di esistere
finchè tu esisti
giocando con i pensieri come giocare
con i miei capelli

in quella smisurata tristezza
che mi scivola addosso
dalle tue mani

perle

infilale ora, come in un vezzo del destino,
nel filo dei miei pensieri

liberamente tratto  dalla realtà

liberté II

jeunesse triste

 

Un problema al mio essere donna mi ha portata
d’urgenza in ospedale.
Un’emorragia e le premure di medici a bloccarla.

Poi il reparto ch’è come tornare in India.
L’India è la coesistenza di vita e morte.
L’india è gioia e dolore.

è tristezza anche in un sorriso
e gioia anche in un pianto.

"No, non rimango, mi faccia firmare"
"Lei è libera di firmare, io così  sotto la mia responsabilità non la faccio andare"

"Lei è Libera"
vaffanculo alla libertà
e vaffanculo agli uomini che ti dicono
"sei libera di scegliere"

v a f f a n c u l o

allora ho pianto
come chi di troppa libertà piange
poi, nel letto mi sono addormentata come si addormentano le bambine.

Al risveglio ho pianto di nuovo
e ancora e ancora
come piangono le donne.

Il dottore giovane mi accarezza la testa
"Stai bene oggi?"
"Sì, bene, grazie"
"Se te la senti, se l’emorragia è ferma, sei libera di andare"

vaffanculo

Ero sola nella stanza fino a quando non è arrivata piangendo
una poco più che bambina
col corpo di donna.
Occhi d’acqua.
Acqua nera.

Piangeva.
Io distesa sul letto, smistavo i miei cazzi
perdendomi nel suo troppo giovane dolore.

No, non era venuta a partorire.
Era sola come sono sole le donne libere.
Libere di scegliere

vaffanculo

Aveva un pianto straziante
di quei pianti che ogni uomo dovrebbe sentire
prima di parlare d’amore a una donna
o prima di parlare di parità di diritti
o di Libertà.

vaffanculo

L’hanno portata via sul lettino, dopo una zolletta di zucchero
con del valium. 30 gocce, cazzo.
Trenta gocce di valium e sei libera.

E’ andata via piangendo
è tornata dopo mezz’ora piangendo ancora più forte.

Il singhiozzo lasciava libere parole
troppo lucide per essere confuse

"Nessuno lo sa, mi raccomando, non lo dire a nessuno"
"Io non volevo, però non potevo fare altrimenti"
"sto tanto male"
"giura che non lo dici"

e piangeva forte
come piangono le donne libere
che forse preferiscono morire.

Ci divideva una tendina azzurra, ci univa la libertà.

Uno zainetto, jeans, maglione in terra.
Un paio di scarpe da ginnastica.

L’ho salutata così, con un gesto,
la mano in alto oltre la tendina azzurra
senza guardarla, senza farmi guardare.

Piangevo anch’io
io che non sono per niente femminista,
io che non ho mai abortito niente
se non la mia stessa vita

piangendo
così… come piangono le bambine 

 

Una piccola storia ignobile

liberamente tratto dalle cose che accadono

 

beaucoup

jeunesse

.

"mamma, ho cambiato idea, torno a casa questo weekend, arrivo fra un’ora"

oddio

Ho imbandito i sensi di colpa con cose da dirti e da lasciarti fare.
Ho accumulato pensieri per lasciare spazio
ai tuoi e alle tue emozioni.

– Ti sei fatta capelli e hai un trucco diverso, oggi.
C’hai pure il fard!
(come sai che si chiama fard?)
Sei proprio gnocca mamma
– Cazzo, G, appena arrivato già inizi con le stronzate?
– No, ma mi mancavi.
– Anche te mi sei mancato.
– Senti mamma, ma quanto devo rimanere lì?
Sei fuori anche la prossima settimana?

Allora mi mordo la lingua, prendo a pugni il cuore,
mi torturo così, ormai quasi per abitudine,
ingoio cemento per trovare un respiro.

miperdoneraimai?

– Non lo so, davvero. Un mese, due ancora?
Ho da pensare a me, ora,
al lavoro, alle mie cose
mettere dei punti, delle virgole
e da solo tu a casa, mentre non ci sono, …tu non puoi stare.

Mi lavo la coscienza così.
Scalo la marcia, ricerco il punto.

Ma dove cazzo sta il punto?

.

Cambio discorso, chiedo degli studi, del teatro, degli amici.
– Ah mamma, stasera rimango fuori da L. a dormire.
Posso, vero?

Come accidenti faccio a dirti, "no, non puoi"?
– Certo che puoi. Se potessi verrei anch’io.
(ma sono tua mamma e io non posso mica tritarti i coglioni)
Penso che stai crescendo, come crescono i tigli lontano dai cipressi.
Sei una sequoia giovane
hai profonde radici che non riusciamo a vedere
se non con quella trappola che è l’anima.

– Mamma, sai, mercoledi devo spiegare io a scuola
delle tecniche di disegno.
Come faccio a spiegarti che presto partirò un pò per l’estero e non per lavoro?
Bene, non ti spiego niente e continuo ad ascoltare.

ascoltare
ascoltare
ascoltare

mi guardi dentro.
chissà se tu dentro mi vedi quel punto che io non trovo.

– Mamma a che pensi?
– A Te. Mi sei mancato.

t  a  n  t   o

peròmiscappadapiangereenonpiango

liberamente tratto dall’album di famiglia

équation

après

.

Il disordine delle cose è l’incapacità del contenerle.

Mi sono strappata la vita oggi,
come Tu mi strappi di dosso le mutande.

Era disordine ovunque
nell’equazione imperfetta dell’Amore.

Poi ho deciso, al ritorno,  di andare con un’Amica
a far morire il suo gatto.

Ho pensato alla giustizia divina e alla fortuna dei gatti.
Tante volte ho chiesto a qualcuno
d’aiutarmi a strapparmi di dosso la vita
come Tu mi strappi emozioni
e me le rendi,
nella quieta risacca dei sensi,
nell’amplesso dei sussurrati  "Ti Amo, sono per Sempre Tuo".

Uccidimi mentre lo dici
e sarò Tua per sempre.

Il gatto non sapeva d’andare a morire
ne’ io sapevo che l’avrei accompagnato.

C’è un’aria strana mentre qualcosa muore
per rimanere poi, eterno.

Amo la morte, così come Amo la vita.
Odiandola.

Al veterinario avrei voluto chiedere
"faccia una iniezione anche a me, mi farà felice".
Non ne ho avuto coraggio

Ci vuole coraggio
nel guardare negli occhi una scelta
e decidere di viverla
nel suo profondo.

anche se quella breve, sussurrata vita,
consuetudine imperfetta nel vagabondare esistenziale
 si chiama morte

così più vitale
di un’esistenza trascinata come si trascinano le gambe
certi vecchi che non possono più correre.

s p a r a m i

(e deglutiscimi piano per il resto della Tua vita)

liberamente tratto dallo stomaco

aller

aller

.

Ogni tanto mi cammino dentro
come camminare per le vie di un paese da scoprire.

Ogni tanto mi fermo ad osservare
qualcosa di vecchio, apparentemente nuovo.

Il lastricato in terra, gli angolari di qualcosa di antico
che sembra non essere mai esistito.

Ogni tanto mi cammino dentro,
turista dell’anima e delle traduzioni corporali
dai toni pacati, senza troppa fretta di capire.

C’è tanta dolcezza nella propria intimità.
Come un risveglio nel letto di Dio
del Cristo Uomo e dei suoi peccati

Ogni tanto, mi fermo, guardandomi  
ascendere il paradiso, dall’inferno  di parole
come non esserci mai passata di là
e confondersi nel riconoscersi.

Ogni tanto sorrido, da sola
come ridono i matti nelle piazze dell’anima
ridono con la saggezza
di chi ha capito la vera coscienza di Dio.

Distrattamente mi muovo, ancora
come perdermi, volutamente, all’incrocio distratto
con la coscienza e salutarmi,  da dietro
senza dirmi niente prima di ripartire

liberamente tratto dai pensieri

oui

toujours

 

Sì, per oggi.

Richiedimelo domani.
Richiedimelo tutti i giorni.

Non ammazzarmi con un anello
lasciami Libera di scegliere ogni giorno
fino alla fine dei miei giorni

Sfilamelo ogni sera e rimettilo ogni mattina
se ti andrà, se mi andrà.

***

Non c’è niente di più crudele
dell’Abitudine

liberamente tratto dai pensieri