inscrit

indépendance - dans le noir

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E’ un odore che non tradisce la memoria,
che sopravvive la dimenticanza.
L’odore inconfondibile dell’appartenenza.
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Siamo stati il latte del nostro tempo
e l’impossibilità di avariare nel monologo dei giorni.
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Ho seni sempre pronti ad allattare
la sete di appartenenza
e la donna è già oltre i sassi levigati dallo scorrere
del fiume, prima della foce.
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Erano buoni certi odori
che ancora vedono nella luce delle lacrime,
visioni lontane di ricordi.
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Piccole barche di carta
costeggiano, percorrendo il mare delle lacrime,
i nostri giorni.
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In una ancora è iscritto alla vita
il mio nome

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Trovato nelle mani e nella sigaretta

espace

indépendance - je t'aime

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Allarga Amore mio le tue spalle
e lasciami riposare nel tepore autunnale
del sogno.
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Allarga lo spazio del tempo
e insegnami a starci dentro,
come fossimo uno a fianco all’altro,
nello stesso destino, nello stesso viaggio.
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Socchiudi le labbra al pensiero
e disegna nel mio sguardo,
fermandomi nella sicurezza del tuo abbraccio,

una linea morbida di luce.

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Dalle mani del cuore

loge

indépendance - loge

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Non amo i palchi.
Quelli sono per quelli bravi,
non per i buoni a nulla come me.

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Reggio Emilia io non l’avevo ancora vissuta così;
L’aria buia dell’arrivo nascondeva fantasmi,
memorie di odori, giorni, mesi, anni,
parole che ho scritte e riscritte
fino a esaurire ogni pensiero nel silenzio emiliano.
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La via Emilia ci offre il primo aperitivo,
il secondo arriva poco dopo aver passato la casa
di Pier Vittorio Tondelli,
nell’appartamento dove è cresciuto il Liga.
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Sara deve ancora prepararsi, io bevo il Soave
guardando fuori dalla finestra.
In casa suona Gloria Gaynor, dentro me suona di tutto.
Sarei potuta essere una banda di paese
o un coro polifonico tanta confusione
s’era aggomitolata intorno al sentire.
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Ha una luce sorda la città nella notte.
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Il locale è un ex capannone, luci viola indicano l’ingresso.
Vengo accolta e accompagnata dentro,
oltre la porta con la scritta "camerini", un corridoio e scale che salgono.
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Il pavimento in legno e le luci sono quelle di un palco.
Il tecnico mi avvicina e chiede di cosa ho bisogno.
"Di scendere da qui,  – dico – il palco non fa per me".
Mi guarda e ride. Poi insiste…
Cosa le serve, per la sua esibizione?
Va bene così il micorfono o lo tiene in mano?
Lo guardo con lo sguardo di chi non capisce
e ribadisco che il palco non fa per me,
che vorrei stare giù fra la gente, che il palco crea distacco.
Non si può fare poesia da un palco.
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Non ho scelta e Reggio Emilia
mi offre il primo palco.
"Va bene… però  ho bisogno di uno sgabello,
di una voce e di vino rosso fermo."
(una bottiglia di Morellino di Scansano)
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La voce è di Lorenzo di Correggio.
Lo guardo e dove finisce lo sguardo,
inizia nella complicità delle parole,
un lungo abbraccio.
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E’ giovanissimo. Ha ventiquattro anni
e una passione per il teatro e la recitazone.
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Sotto a noi, si apre il grande mare di persone
non sò bene quante siano. Ma sono tantissime
tante centinaia, forse un migliaio, non  sò.
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"Scusate se sono qui su un palco,
il mio posto è lì tra voi, in basso. Perchè è lì che nasce la poesia"
.E’ così che apro la serata.
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.Ricordo Pier Vittorio Tondelli
a cui, unanime, da tutti – me compresa-
è rivolto un lungo applauso.
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Lorenzo legge un passaggio da me scelto
da "Altri libertini",
Oltre i discorsi, arriva la vera poesia
nei gesti d’amore della grande folla che inizia
amandosi, a ballare.

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dalle cose che accadono

langue

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indépendance - écrire l'Amour

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"Scrivete non di ogni cosa che volete, ma di quello che fate.
Astenetevi dai giudizi sul mondo in generale
(ci sono già i filosofi, i politologi, gli scienziati ecc.),
piuttosto raccontate storie che si possano oralmente riassumere in cinque minuti.
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Raccontate i vostri viaggi, le persone che avete incontrato all’estero,
descrivete di chi vi siete innamorati,
immaginatevi un lieto fine o una conclusione tragica,
non fate piagnistei sulla vostra condizione e la famiglia e la scuola e i professori,
ma provatevi a farli diventare dei personaggi
e, quindi, a farli esprimere con dialoghi, tic, modi di dire.
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 […]
Raccontate di voi, dei vostri amici, delle vostre stanze,
degli zaini, dell’università, delle aule scolastiche.
Ricordate che quando vi mettete a scrivere, state facendo i conti con un linguaggio fluido
e magmatico che dovrete adattare alla vostra storia
senza incorrere nello stile caramelloso della pubblicità
o in quello patetico del fumettone.
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Il modo più semplice è scrivere come si parla
(e questo è già in sé un fatto nuovo, poiché la lingua cambia continuamente),
ma non è il più facile.
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Non abbiate paura di buttare via.
Riscrivete ogni pagina, finché siete soddisfatti.
Vi accorgerete che ogni parola può essere sostituita con un’altra.
Allora, scegliendo, lavorando, riscrivendo, tagliando, sarete già in pieno romanzo"


Un
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Pier Vittorio Tondelli
 Weekend Postmoderno

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Dalle pagine che Amo

 

sans papier V

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indépendance - anniversaire

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Il libro compie un anno, oggi.
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In un anno un editore trae le conclusioni sul venduto:
Pare che il libro abbia venduto quattro volte tanto il previsto..
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Un poeta difficilmente è interessato dai numeri,
ma dovendo fare un bilancio
il libro ha permesso di
abbracciare tante straordinarie persone.

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Ed è il miglior guadagno.
Che i soldi vanno o te li fregano,
gli abbracci quelli sono
quello che dichiareremo al bilancio finale
di fine esistenza
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***
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Stasera sarò dalle 22:00 al "Tunnel" di Reggio Emilia
per aprire una serata gay aperta anche agli eterosessuali
(molto più significativa di una qualunquissima marcia per la pace)
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Aprirò la serata con letture di alcuni passaggi di
Pier Vittorio Tondelli, poi non leggerò poesia,

quella, cercherò di farla

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Boulevard Solitude

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indépendance - solitude

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La conobbi in primavera.
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Me la presentò l’assistenza sociale
quando me la portarono in ufficio.
Era un’emarginata, di quelle a cui dover riempire il tempo
perchè troppo lungo e vuoto nel paese di provincia.
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Aveva lo sguardo inchiodato nel vuoto
e una collanina di perle di plastica
sopra una camicetta inconcepibile per qualunque moda.
I pantaloni stretti nel culo e corti alle caviglie.
Un paio di calzini verdi corti anticipavano i sandali.
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Nel mio ufficio era vietato vietare
e le permisi quasi tutto.
Si sentiva utile nel contare le cose e dichiararle alla carta
in un improbabile inventario con disegnato in fondo pagina, sempre un fiore:
dalle matite, penne, puntine e quelle cose inutili
che fanno trono a un qualunque dirigente.
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La macchinetta del caffè con le cialde
era nel corridoio davanti al mio ufficio.
Lei adorava farmi il caffè. Non amavo farmi fare il caffè
e ogni giorno le dicevo di prepararsi che io e lei
si sarebbe andate a prendere un buon caffè al bar.
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Era la mia ombra,
un’ombra triste che iniziò a raccontare
di lei e del pomeriggio nel suo appartamento.
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Un appartamento comunale,
due stanze dove prostituire il bisogno d’amore.
Di solito ci salivano i vecchi,
quelli che stanno tutto il giorno davanti al bar malfamato di paese
con le mattonelle ancora tutte rotte.
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Lasciata la mia vecchia professione,
per lei non ci fu più nessuno disponibile a seguirla.
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Ogni mattina passo davanti a quel bar per vedere se la trovo.
Ha sempre lo sguardo vuoto  inchiodato al destino
e riempie il tempo inutile col porco di turno.
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E’ lei spesso le mie prime parole del mattino
e quando posso andiamo ancora in un caffè
per sentire, guardandola felice, meno male.
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Sai, oggi ho dieci euro, pago io.
Mi guarda ridendo, felice per quegli spiccioli
arrivati dalla bocca, dalla figa dal culo.
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Per un pompino le danno un euro. Se ingoia, due.
per un pacchetto di sigarette ne deve fare quattro,
con la grazia di un caffè a sessanta centesimi
se trova un barista clemente.
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L’abbraccio ogni giorno.
Oggi era col vecchio dai capelli tinti
sorretto dal bastone di mezzo.
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Il suo portone era aperto,
il vecchio attraversava la strada,
quella stessa strada dove si chiudono le finestre
della maledetta assistenza sociale.
:
Stamani avrei voluto strapparti come un fiore, Maria
un fiore bastardo che cresce senza nemmeno la protezione delle nuvole
abbandonato sui petali fragili della tua strada

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Dalla strada dei miei angeli

courage

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indépendance - fille

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Proteggimi dalla diffidenza dei sogni,
quando si spogliano della gioia
e nella pioggia sorridendo alle eventualità
,
sembra che piangono.
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Proteggimi nel silenzio della tua mano,
come fossi un pezzo di vita
raccolto per terra.

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La mia è nella sua brevità
un intermezzo fra due tempi d’infinito.
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Scrutami senza aggiungere altro
fin dove s’intravede nell’infinito dello sguardo

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il riflesso della grandezza
del tuo coraggio

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sotto la pioggia
sorge il sole